IL CASTELLO DI NARDO’
Il Castello ha la planimetria quadrangolare con 4 torri cilindriche agli spigoli; questa configurazione è comune anche ai Castelli di Otranto e Corigliano d’Otranto.
Era internamente circondato da fossato che fu colmato agli inizi del’900, salvo per il lato attiguo alla “Villa Comunale”.
Tipica struttura militare di epoca aragonese, se ne attribuisce la progettazione, a metà ‘400, a Giulio Antonio Acquaviva Duca di Atri e Conte di Conversano, comandante in capo delle truppe aragonesi nel 1481 durante la liberazione di Otranto dai Turchi.
Ma l’originaria fortezza di Nardò, il “castrum”, era ubicata nella parte alta del centro storico ( quella che potremmo definire l’acropoli) dove adesso sorge il convento annesso alla chiesa dell’Immacolata. A darcene notizia è un documento del 1271 con cui re Carlo d’Angiò (1266-1285) concede il “regium castrum” ai frati francescani per il tramite di un suo parente Filippo di Tuzziaco (de Toucy); tale dismissione è motivata con la “vetustà” della struttura, il che farebbe supporre che si trattasse di un castello di epoca normanno-sveva, forse costruito o ampliato dal normanno Roberto il Guiscardo. In ogni caso, quando gli Angioini s’impossessano del regno meridionale strappandolo agli Svevi, il “Castrum Neritone” figura nell’elencazione dei castelli di Terra d’Otranto fatta dal Giustiziere, ovvero dal funzionario regio.
In epoca aragonese il Castello è stato citato in un documento del 1463 quando il re Ferrante d’Aragona riceve l’omaggio dei cittadini di Ceglie e in un altro documento del 1483, allorché la città di Nardò viene venduta al conte Ugento Anghilberto del Balzo, schieratosi dalla parte della Repubblica Veneta in conflitto con il re Alfonso II d’Aragona (figlio di Ferrante) che, per vendicarsi, fece “spianare le mura” (il che fa supporre anche una temporanea inagibilità del castello).
Nel 1495 viene conclusa la pace e il re Federico d’Aragona, primo Duca di Nardò.
A Bellisario Acquaviva si deve la ricostruzione del castello nell’attuale versione ed il rifacimento della cinta muraria con le sue 18 torri ,che si possono vedere in una illustrazione del Bleau-Mortier.
I torrioni circolari - secondo le tecniche militari dell’epoca - offrivano una superficie sfuggente in grado di deviare la traiettoria delle palle di cannone evitando quindi l’impatto diretto sulla superficie muraria.
Dove oggi sono gli uffici dell’URP vi era il corpo di guardia che sorvegliava l’ingresso alla piazza d’armi (cortile interno) e al piano nobile , residenza degli Acquaviva.
Con le leggi napoleoniche eversive della feudalità il castello venne sottratto alla casata degli Acquaviva e, dal 1806, divenne proprietà dei baroni Personè, il cui stemma è visibile al centro del balcone; a loro si deve l’attuale facciata in stile neoclassico-eclettico, sovrapposta all’inizio del ‘900, allorché decisero di trasformare il castello in residenza aristocratica. I lavori di rifacimento del prospetto furono commissionati all’ing. Generoso De Maglie (Carpignano 1874-1951) progettista anche di Ville in località Cenate. Evidente nella facciata il recupero di motivi decorativi tipici del barocco leccese, come il bugnato e la mensola figurata, associato ad inserimenti medievali riscontrabili nella merlatura posta alla sommità delle cortine e a coronamento del torrione parallelepipedo, anch’esso frutto di un’aggiunta eclettica.
Da notare le 52 maschere apotropaiche (antropomorfe, zoomorfe e demoniache) che si alternano alla base del cornicione sotteso alla merlatura.
A destra di detta facciata la “Villa Comunale”, ossia il parco del castello: un suggestivo giardino mediterraneo con varie specie arboree (Pini d’Aleppo, Lecci, Yucche) abbellito da un gazebo a forma di tempietto, pavimentato con maioliche celesti.
Nel 1933 il Castello fu venduto al Comune di Nardò per £.78.780.
Dal 1934 ospita una parte degli uffici comunali tra cui quelli di rappresentanza, stanza del Sindaco, Sala Giunta e Aula Consiliare .
Nella sala Consiliare sono custodite 3 importanti opere, una quarta si trova nel corridoio antistante la Sala Giunta. Si tratta di tele di indubbio valore artistico e storico: “Omaggio alla Vergine Incoronata”,di Anonimo, risalente alla fine del '600, periodo in cui fu eletta a protettrice di Nardò; “San Gregorio Armeno” e “Sant’Antonio da Padova”, entrambi di autore Anonimo e d’inizio ‘700. Oltre alla rilevanza artistica, le suddette tele hanno valore documentale della storia di Nardò per la presenza di vedute di scorci cittadini ed in particolare di un’interessante panoramica di Nardò medievale, circondata dalla cinta muraria, nell’ambito della quale si notano Porta San Paolo, i campanili della Cattedrale e delle chiese di San Domenico e dell’Immacolata e la Torre del vecchio Palazzo di Città, nonché un’originale stemma civico raffigurato attraverso l’allegoria di San Michele Arcangelo, primo protettore di Nardò, che incorona il Toro.
Il quarto dipinto – settecentesca opera di scuola napoletana – è un “Ritratto del Vescovo Antonio Sanfelice”, figura fondamentale nelle vicende architettoniche della Nardò barocca.