Nel corso del Risorgimento l’inserimento della componente ebraica fu favorito dallo Statuto Albertino il quale affermando il principio dell’eguaglianza dei “regnicoli” dinanzi alla legge riconoscendo una certa tolleranza nei confronti dei culti diversi da quello ufficiale, di fatto escludeva una possibile discriminazione nei confronti degli ebrei in quanto tali. L’art.24 dello Statuto recitava “Tutti i regnicoli, qualunque sia il loro titolo o grado, sono eguali dinanzi alla legge. Tutti godono egualmente i diritti civili e politici, e sono ammissibili alle cariche civili, militari, salve le eccezioni determinate dalla legge”. L’art.1 – “ La religione cattolica, Apostolica e Romana è la sola Religione dello Stato. Gli altri culti ora esistenti sono tollerati conformemente alle leggi”.
Questa normativa favoriva dunque il processo di emancipazione politica e civile degli ebrei in Italia: questo processo iniziato nel 1870 fu bloccato dalle leggi razziali fasciste del 1939. Dal 1870 fino all’inizio delle persecuzioni razziali del’39 la maggioranza degli ebrei era perfettamente integrata con il resto degli italiani, tanto da affermarsi in varie professioni dalle quali in precedenza erano esclusi: burocrazia, insegnamento, carriera militare.
Con il Regio Decreto Legge 9-2-1939 furono posti limiti alla proprietà immobiliare e di attività industriale e commerciale per i cittadini italiani di razza ebraica. Seguirono poi altre leggi (L. 29-6-39) che limitava l’esercizio di professioni da parte degli ebrei ( medico, farmacista, veterinario, avvocato, ingegnere, architetto…) e intimavano la cancellazione dagli albi professionali e l’istituzione di “elenchi aggiunti” per i discriminati e di “elenchi speciali” per i non discriminati. Con la legge del 13-7-1939 viene introdotta la figura dell’arianizzato ossia la dichiarazione di “non appartenenza alla razza ebraica”.
Negli ultimi anni della 2° guerra mondiale gli ebrei giunsero nel Salento scampati allo sterminio nazista o sfuggiti alle persecuzioni nazi-fasciste.
Un gran numero di profughi giunti nei campi di transito allestiti a S. Maria al Bagno, S. Maria di Leuca, S. Cesarea Terme in attesa di finire la diaspora (dispersione) in Palestina.
A S. Maria al Bagno la residenza dei capi dell’emigrazione fu stabilita presso VILLA SAETTA e la “municipalità ebraica” presso VILLA PERSONE’ (oggi De Benedittis) dove furono celebrati molti matrimoni civili. Altre Ville FONTE e FALCO (detta Ave Mare) furono attrezzate per la mensa e per la scuola di formazione. La Sinagoga era ospitata in una casa della piazzetta.
Per far fronte al costante flusso di profughi vennero prese 106 abitazioni di villeggiatura a cui poi se ne aggiunsero altre 173 con il trasferimento delle famiglie – anche di quelle stabilmente domiciliate e quindi prive di altra abitazione. Le autorità militari oltre a privare i residenti di S. Maria al Bagno e S. Caterina delle proprie abitazioni bloccarono l’accesso alla costa e per motivi di difesa circondarono le suddette aree con filo spinato con divieto di accesso e smantellamento di strade (in particolare il lungomare) e il trasferimento di famiglie al di là di tale area recintata.
Il numero dei rifugiati ebrei è approssimativo: c’è chi ritiene che all’inizio del 1946 nel momento di maggiori presenze si contassero 2.300 profughi mentre altre fonti ritengono che potessero essere 4.000. Queste informazioni così divergenti dipendono dal fatto che si preferiva sopravvalutare le presenze per ottenere dagli anglo-americani maggiori scorte di viveri perché le razioni eccedenti potevano essere utilizzate per il mercato nero. Tutto ciò fino al 5 maggio 1948 quando il Mandato Britannico in Palestina ebbe termine e, in accordo con le risoluzioni dell’Assemblea Generale dell’ONU fu dichiarata la nascita dello Stato di Israele.
I murales sono 3 realizzati sui muri in una casetta che era adibita a deposito da Zivi Miller profugo ebreo la cui famiglia era stata sterminata e che sposò una ragazza di Nardò Giulia My. Raffigurano la diaspora e il lungo esodo che ha condotto gli ebrei nel Salento con la speranza di raggiungere la Terra promessa.
1 – campi di concentramento rappresentati col filo spinato al centro dell’Europa da cui una freccia conduce fino alla Puglia da cui un lungo corteo di ebrei parte per la Palestina raffigurata con la stella di David (a 5 punte) e dalle palme del deserto.
2 – Un candelabro a 7 braccia posato su un altare con 2 soldati ebrei ai lati (le scritte: In guardia, sotto e, ai lati della stella, Tel-Hai dove fu ucciso il patriota Trumpeldor.
3 – Una madre con 2 bambini che, al di qua di un posto di blocco, chiede inutilmente ad un soldato inglese di poter entrare in Gerusalemme: gli Inglesi infatti osteggiavano la costituzione dello Stato di Israele. Le scritte dicono: Aprite le porte (quella tra la donna e il soldato) e sulle bandiere: Tel-Hai.
(Scheda a cura Dr. Giuliano Rizzo Uff. Promozione Turistica del Comune di Nardò)